Internet of things, fu Domotica e le 6 barriere.

Guardando i video del CES 2015 è che questo dovrebbe essere l’anno delle Internet of things, ovvero di quelle ‘cose’ intelligenti e legate al mondo internet che dovrebbero arricchire e migliorare la nostra breve esperienza di vita su questo pianeta. Per far comprendere a pieno il mio pensiero riguardo questa categoria di cose faccio un passo indietro al lontano 2002.

Tredici anni or sono ho partecipato ad un corso di Domotica promosso dalla Regione Lazio, con tanto di stage formativo presso una nota azienda di automazione industriale romana. Il corso trattava la programmazione dei sistemi a bus utilizzati in ambito industriale, i PLC (Controllori a Logica Programmabile) che venivano ‘riciclati’ in ambito domestico per le piccole automazioni. L’esperienza è stata favolosa e ci sentivamo un po’ come i pionieri di una grande era automatica che stava per iniziare. Avevamo capito che l’interfacciamento della routine quotidina con i vari sensori ed attuatori sarebbe stato il futuro del vivere moderno ma purtroppo ancora oggi non riesco a quantificare se stiamo parlando di futuro prossimo o remoto.

Che cosa è successo a questa tecnologia? Perchè non vi è stata una applicazione su larga scala di un qualcosa che semplificava la progettazione, aumentava la sicurezza ed il comfort del nostro vivere?

Bisogna riconoscere che in questi dodici anni la tecnologia si è miniaturizzata e soprattutto si è ‘connessa’ alla rete ma le barriere (purtroppo) rimangono molteplici.

Rimanendo in termini di domotica, la prima barriera è la reingegnerizzazione dell’impianto casalingo in funzione dei sensori e degli attuatori che è molto impegnativa nel legacy ma molto più facile nel nuovo.

La seconda barriera è la formazione di tecnici specializzati che ‘spingano’ per questa tipologia di impianti. Nel commercio la regola è che nonostante l’acquirente faccia richiesta di un prodotto, alla fine si deve accontentare di quello che il venditore ha in negozio, a meno di casi particolari nei quali esso sia disposto ad aspettare e spendere molto.

La terza barriera è la paura (più che giustificata) dell’obsolescenza. A differenza degli impianti tradizionali che hanno un lifetime più che decennale ed un basso costo di upgrade,  il rischio di non poter più ‘aggiornare’ la configurazione iniziale è alto, come quello di non poterla più riprogrammare.

La quarta barriera è quella della compatibilità. Attualmente non esistono protocolli di comunicazione standard tra questi oggetti. Ciò vincola l’utilizzatore a scegliere un marchio ed a proseguire sula scia dell’innovazione tecnologica che esso propone, non potendo migrare di volta in volta verso il prodotto migliore.

La quinta barriera è quella legata alla reliability ed al disaster recovery, ovvero ‘cosa fare quando il controllore principale si rompe?’. Nessuno lo sa. Si possono progettare sistemi ridondanti (a costi maggiorati) ma l’affidabilità reale di questi oggetti ancora è sconosciuta.

La sesta barriera (last but not least) è quella della percezione circa la reale utilità. La conversione massiva all’automazione è vista come un costo e la giustificazione in termini di spesa può derivare da una necessità reale e forte o da una tendenza modaiola che ne generi una.

In realtà Internet of things (IoT) è molto di più della semplice domotica. IoT è automazione applicata ai diversi campi della vita umana, dall’agricoltura alla logistica, allo sport, alla salute condita in salsa connessione in rete della quale la domotica ne è il trisavolo e per  quanto le tecnologie connesse soffrano il problema della privacy e per quanto i costi di accesso a questa categoria tecnologica sia in alcuni ambiti molto basso, le 6 barriere valide per la domotica, come una proprietà matematica, sono valide anche nel caso di tutte le tecnologie IoT.
Arduino UNO R3Arduino ci ha fornito un assist importante riducendo pesantemente la complessità progettuale, i costi e puntando sulla community. Il resto lo deve fare la società , standardizzando i protocolli, aumentandone la sicurezza e creandone la necessità.Il mondo della IoT ha già avuto il suo Steve Wozniak (Massimo Banzi di Arduino), aspettiamo con ansia che arrivi anche Steve Jobs.